Tensioni e deformazioni residue di saldatura

Cosa sono, come nascono e come limitarle.


Che tu sia un appassionato o un professionista nel mondo della saldatura, avrai sicuramente sentito parlare delle tensioni residue di saldatura. In questo articolo vorrei offrirti elementi utili a comprenderle e sensibilizzarti su questo tema, spesso molto complesso e cruciale.

Partiamo innanzitutto spiegando cosa sono le tensioni di saldatura. Queste infatti sono delle reazioni meccaniche “invisibili”, che possono tuttavia recare danni e talvolta compromettere l’esercibilità dei componenti saldati. 

La genesi delle tensioni residue di saldatura risiede nel cambiamento di stato localizzato che il materiale subisce nella zona fusa della giunzione saldata. In questa zona il materiale d’apporto (se utilizzato) e parte del materiale base vengono portati a fusione, creando tra loro legami metallurgici, fondamentali per garantire la continuità del giunto (vedi Figura 1). 

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Dettaglio volume di materiale portato a fusione

Figura 1: Dettaglio volume di materiale portato a fusione

Durante la fusione, il materiale coinvolto tenderà ad aumentare il proprio volume, mentre una volta invertito il processo, ovvero durante la solidificazione, il volume tenderà a diminuire, dando luogo al fenomeno del ritiro.

 

In questa fase si ha la possibilità che avvengano due fenomeni strettamente legati tra loro ma sostanzialmente opposti, in funzione della condizione di vincolo del pezzo: 

  1. se il componente è in una condizione di vincolo nullo, il pezzo potrà ritirarsi dando luogo a deformazioni residue
  2. se il componente è in una condizione di forte vincolo (ad esempio è stato bloccato tramite morse, cavallotti etc), il pezzo non potrà ritirarsi e di conseguenza si formeranno tensioni residue nel giunto


È bene precisare che le tensioni residue di saldatura sono sempre presenti, anche nei giunti non vincolati: nonostante si lasci libero il componente, la saldatura è un processo termico localizzato e le zone fredde del materiale base circostante fungono da auto-vincolo alla zona fusa, generando il fenomeno del ricalcamento. Infatti, il materiale sottoposto a fusione localizzata subisce dapprima una compressione meccanica, dovuta alla presenza circostante di materiale freddo che non si dilata, e successivamente una trazione meccanica a causa dal ritiro del materiale della zona fusa che solidifica e che cambia di conseguenza il suo volume. Nel caso di un componente non vincolato, le tensioni di saldatura, comunque presenti, agiranno deformandolo come mostrato nella vista in sezione in Figura 2

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Esempio vista in sezione di deformazione residua

Figura 2: Esempio vista in sezione di deformazione residua

Le tensioni residue al termine del processo saranno quindi tipicamente di trazione e per tale motivo sono molto pericolose. Esse tenderanno ad alimentare eventuali condizioni di triassialità del carico all’apice di un potenziale difetto presente nella saldatura (particolarmente critici sono i difetti bidimensionali come cricche, incollature etc).

Per poter meglio comprendere gli effetti delle tensioni residue, è necessario specificare che esse sono differenziate in funzione della direzione di reazione. 

Esistono 3 tipi di direzioni in un giunto saldato: 

  • trasversale (direzione perpendicolare al cordone);
  • longitudinale (direzione parallela al cordone);
  • perpendicolare (direzione perpendicolare allo spessore). 

 

Definizione direzioni dei ritiri e tensioni residue di saldatura

Figura 3: Definizione direzioni dei ritiri e tensioni residue di saldatura


In generale, le due direzioni maggiormente influenti sono quella longitudinale e quella trasversale, che si divide a sua volta in lineare e angolare. Gli effetti in direzione perpendicolare sono invece tipici di grandi spessori o geometrie particolari. Si riportano in Figura 4 alcuni esempi grafici degli effetti delle tensioni trasversali e longitudinali.

    

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Effetti dei ritiri in direzione trasversale e longitudinale
Figura 4: Effetti dei ritiri in direzione trasversale e longitudinale

Vediamo ora in breve i punti salienti sulle tensioni residue:

  • le tensioni e le deformazioni sono strettamente legate ed è possibile considerarle complementari;
  • sono sempre presenti nei giunti saldati;
  • il massimo in valore assoluto viene raggiunto dalle tensioni di trazione, a meno di geometrie particolari (saldature circonferenziali, grossi spessori, etc.);
  • in direzione longitudinale del giunto possono raggiungere anche il valore di snervamento del materiale;
  • in direzione trasversale del giunto raggiungono tipicamente circa 1/3 dello snervamento del materiale;
  • hanno entità maggiore nel caso in cui il componente risulti fortemente vincolato;
  • raggiungono un valore minore nel caso in cui il componente sia libero di deformarsi. 

Più avanti esamineremo alcuni metodi per ridurre, prevenire o assecondare sia le tensioni che le deformazioni, tuttavia l’importante è essere a conoscenza della loro esistenza, progettando e fabbricando i componenti in modo consapevole, in base alla criticità delle condizioni di esercizio. In particolare, le tensioni residue devono essere considerate attentamente in fase di progetto di componenti soggetti a cicli di fatica, carichi di compressione (buckling), carichi termici e nei materiali soggetti a tensocorrosione.

 

Quali parametri influenzano il valore finale delle tensioni residue di saldatura?

Oltre la condizione di vincolo del pezzo, che ricopre le vesti dell’antagonista principale del fenomeno in questione, esistono altri parametri cui è bene prestare attenzione: 

  • il processo di saldatura;
  • le proprietà del materiale.

 

- Il processo di saldatura: 

L’utilizzo di processi a energia concentrata, come ad esempio la saldatura LASER, permette di ottenere una zona fusa (ZF) e una zona termicamente alterata (ZTA) di dimensioni ridotte rispetto a un processo standard ad arco elettrico, come ad esempio il TIG (vedi Figura 5). Questo poiché i processi di saldatura in questione sono caratterizzati da apporti termici specifici differenti e, dunque, con proprietà metallurgiche del giunto e della zona circostante nettamente dissimili. In particolare l’apporto termico del TIG è meno severo rispetto a quello del LASER, che presenta velocità d’esecuzione molto elevate.

Differenze delle dimensioni di zona fusa e zona termicamente alterata in funzione del processo di saldatura

Figura 5: Differenze delle dimensioni di zona fusa e zona termicamente alterata in funzione del processo di saldatura

La saldatura effettuata tramite processo a energia concentrata sarà, dunque, caratterizzata da tensioni e deformazioni (in particolar modo l’effetto è visibile in direzione trasversale) minori rispetto a quella ad arco elettrico. 

Tensioni residue ancora minori si possono ottenere adottando un processo di saldatura che non preveda la fusione dei lembi e che dunque non generi il passaggio di stato solido-liquido e viceversa. Questi processi sono detti, per tale motivo, “allo stato solido”, si veda ad esempio il processo Friction Stir Welding. 

- Le proprietà del materiale: 

Le caratteristiche del materiale saldato, quali ad esempio il coefficiente d’espansione termica e la temperatura di fusione, giocano un ruolo fondamentale. Un materiale che presenta un’elevata dilatazione termica, come l’alluminio, mostrerà deformazioni di saldatura di entità superiore rispetto a un acciaio. Nel caso di saldatura eterogenea sarà inoltre necessario valutare che le temperature di fusione dei due materiali coinvolti siano quanto più simili possibile.

Sempre nell’ambito delle proprietà del materiale, non è da sottovalutare la storia metallurgica del componente, che caratterizza il grano cristallino. Infine, il carico di snervamento del materiale è sicuramente un aspetto importantissimo: come detto in precedenza, l’entità massima delle tensioni residue può essere pari al valore di snervamento del materiale e, di conseguenza, un materiale che presenti prestazioni meccaniche elevate avrà delle tensioni residue maggiori.

 


Quali metodologie è possibile utilizzare per ridurre il valore di tensioni di saldatura senza incorrere però in deformazioni residue? 

Esistono alcuni metodi pratici, oltre quelli già illustrati, che permettono di far fronte al problema di tensioni e deformazioni residue di saldatura. 

-La preparazione del cianfrino: 

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Esempio di cianfrinatura per giunzioni testa-testa  

Figura 6: Esempio di cianfrinatura per giunzioni testa-testa

Le tensioni residue e i ritiri trasversali sono direttamente proporzionali alla dimensione della zona fusa, dunque allo spessore e alla geometria della preparazione del cianfrino. Per preparazione del cianfrino si intende la geometria, in termini di angolo di apertura, gap e spalla del giunto da saldare, in funzione del processo di saldatura, dello spessore e del materiale dei pezzi da saldare (vedi Figura 6). Di conseguenza, una volta fissato lo spessore del componente, per ridurre il valore delle tensioni di saldatura, è necessario ridurre al minimo la dimensione del cianfrino (in termini di angolo di apertura del cianfrino e gap tra le piastre nel caso di un giunto testa-testa).  

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Preparazione ottimale per la riduzione dei ritiri trasversali angolari

Figura 7: Preparazione ottimale per la riduzione dei ritiri trasversali angolari

È bene inoltre effettuare delle preparazioni del cianfrino simmetriche (ad esempio preparazione a “X”) così che i ritiri al dritto e al rovescio si bilancino, evitando spiacevoli deformazioni angolari residue. Si riporta in Figura 7 un esempio di quanto detto in questo paragrafo. 

-La sequenza e la tecnica di saldatura: 

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Esempio sequenza di saldatura a tratti

Figura 8: Esempio sequenza di saldatura a tratti

Un altro parametro direttamente proporzionale al valore delle tensioni/deformazioni residue è quello della lunghezza del cordone, particolarmente influente nella direzione longitudinale. Uno dei metodi più efficaci, per ridurre i ritiri legati alla lunghezza del giunto, è quello di studiare delle apposite sequenze di saldatura. Ad esempio, è preferibile effettuare le lunghe giunzioni tramite saldatura a tratti, con un ordine e una lunghezza delle saldature ben definiti in modo da bilanciare l’effetto dei ritiri. Si riporta in Figura 8 un esempio di sequenza di saldatura a tratti. 

Questo tipo di logica è applicabile, seppur non per la stessa motivazione, anche nel caso in cui si debba saldare un telaio. In questo caso risulta fondamentale l’utilizzo di sequenze di saldatura, che siano ben equilibrate e simmetriche, in modo che i ritiri si controbilancino il più possibile così da non avere fuori tolleranze e fuori squadri al termine del processo di saldatura. 

Infine, nel caso di spessori elevati, per mediare l’effetto dei ritiri è consigliabile evitare il pendolamento e dunque effettuare cordoni di saldatura stretti e dritti, tipici della tecnica multi-passata. Questa tecnica è preferibile alla singola passata, che necessita di elevato apporto termico per l’ottenimento di un cordone di pari volume, anche perché ogni passata fungerà da trattamento termico di rinvenimento alla passata precedente, alleviando le condizioni di tensione residua nel giunto.

-Deformazione preventiva:

Assemblando i pezzi da saldare, con un angolo che tenga conto del ritiro, è possibile mantenere la condizione libera per minimizzare le tensioni, ma allo stesso tempo garantire, al termine della saldatura, un angolo pari a quello desiderato in fase di progetto (vedi Figura 9). 

Tensioni e deformazioni residue di saldatura - Confronto giunto testa-testa saldato senza e con deformazione preventiva

 Figura 9: Confronto giunto testa-testa saldato senza e con deformazione preventiva

-Martellatura:

La martellatura è un metodo meccanico che permette la riduzione delle tensioni longitudinali. È spesso utilizzato nelle saldature di riparazione dal momento che è un processo tipicamente molto localizzato. In queste situazioni si verifica una forte condizione di auto-vincolo dettata dalla presenza del materiale adiacente freddo. Effettuando la martellatura si introducono deformazioni locali di compressione che permettono di abbassare il livello di trazione generata dalle tensioni residue longitudinali. 

- Sovraccarico meccanico di trazione:

Grazie all’applicazione di carichi meccanici di trazione, come ad esempio la pressione di collaudo dei recipienti in pressione, è possibile ridurre il valore delle tensioni residue. Indurre dei sovraccarichi di trazione genera una deformazione locale, che abbassa il valore massimo delle tensioni residue per effetto del rilassamento plastico del materiale. 

-Trattamenti termici localizzati:

Un metodo concettualmente simile alla deformazione preventiva, è il riscaldamento localizzato. Spesso vengono effettuati preriscaldi compensativi localizzati, con il compito di alimentare il ritiro, nel caso di saldatura di riparazione di getti in ghisa, al fine di abbassare la condizione di auto-vincolo del pezzo saldato. Altri esempi di trattamenti termici localizzati sono la stiratura alla fiamma e le calde di ritiro. Queste, tuttavia, permettono di ridurre le deformazioni a discapito però delle tensioni e dunque non sono consigliabili nel caso in cui si abbia a che fare con materiali pregiati o comunque che debbano esercire in condizioni critiche. 

-Trattamento termico globale post saldatura (PWHT): 

Il PWHT, o trattamento termico post saldatura, è il metodo più efficace seppur complesso. Questo prevede il riscaldamento dell’intero componente in modo tale da rilassare le tensioni di saldatura e abbassarne il valore residuo finale. Durante il processo termico, avviene una redistribuzione delle tensioni, a seguito del rilassamento del valore di snervamento del materiale, grazie all’incremento di temperatura del componente. È da precisare che non tutti i materiali tollerano il PWHT.

 

Conclusioni

Con nessuna metodologia è possibile annullare del tutto il valore delle tensioni, a meno di rifondere l’intero componente. Tuttavia la redistribuzione delle tensioni residue presenti nella zona fusa e nel suo intorno, a seguito di un carico meccanico o termico, garantisce di ottenere dei buoni risultati abbassando le tensioni anche a un valore residuo pari al 30%, rendendo il componente più sicuro.

Esistono molteplici metodi oltre quelli descritti che permettono la riduzione delle tensioni o la correzione delle deformazioni residue. Tre le tecniche avanzate, il vibration stress relief (VSR) sfrutta le vibrazioni al fine di rilassare gli stress residui presenti sulla superficie dei pezzi. Si noti, inoltre, che è possibile quantificare le tensioni residue presenti all’interno di un componente con delle metodologie di tipo distruttivo (ad esempio il metodo del foro cieco), oppure tramite calcolo numerico non lineare agli elementi finiti (FEM). 

Seppur non esaustiva, la trattazione proposta in quest’articolo ha gettato le basi per comprendere il meccanismo che regola il fenomeno delle tensioni residue e ha illustrato i principali metodi per ridurle o prevenirle.

 


Articolo a cura del Ing. Santagati Pierluigi


 
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